giovedì 18 dicembre 2014

Dalla mia esperienza: "l'essere capo"

"Fare" scoutismo, visto da un occhio esterno, può sembrare un'esperienza "fuori tempo", al di fuori dalla quotidianità e lontano della realtà. Spesso lo è, ma tutto il percorso è delineato da un'intenzionalità educativa da parte dei capi e da una consapevolezza sul proprio cammino di crescita da parte dei ragazzi (o almeno questo si tenta di far emergere in loro). Ogni capo nel suo agire è supportato dal Metodo Scout che delinea i principi guida sui quali educare i ragazzi che gli sono affidati. Non mancano poi i "campi di formazione" per accrescere le competenze educative e confrontarsi sulle problematiche delle diverse fasce d'età.
In questi sette anni ho "lavorato", prima con i ragazzi dagli 11 ai 16 anni, ed ora da tre anni svolgo l'attività con ragazzi dai 16 ai 20 anni. Le diverse fasce d'età richiedono due modi di "stare" con i ragazzi molto diverse. Se con gli adolescenti si dovrebbe avere competenze di "scouting", essere punto di riferimento spronandoli all'autonomia e alla responsabilità, con i ragazzi ormai maggiorenni ci si mette in gioco spesso come persone nell'essere testimoni di scelte, e questo non è sempre facile.


"Guidatore di uomini, fratello maggiore, uomo-ragazzo, pescatore a lenza …

In questa parte raccogliamo le immagini più celebri del Capo scout pensate e

descritte da B.-P.
Il Capo non è un comandante militare, né un maestro di scuola, né un sacerdote. Sa
vivere con i ragazzi e ne possiede lo spirito e con fiducia in se stesso, entusiasmo e
competenza nel metodo guida “con fermezza e dirittura” e con “movimento sciolto e
leggero”.
Questo ideale appare alla portata di molti, senza richiedere qualità o conoscenze
eccezionali."
Tratto da Un adulto chiamato Capo Parte I-Immagini della figura e del ruolo del Capo in B.-P.
nell’ASCI e nell’AGI-La documentazione per il Progetto nazionale 

www.agesci.org/centrodocumentazione





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